Vi sono molteplici potenziali insidie sulla strada del risultato sportivo. Nella ricerca dell’eccellenza, gli atleti corrono dei rischi. Molti di questi sono ben calcolati e gestiti, ma ciò nonostante restano all’orizzonte. Dagli anni ’80 è divenuta evidente la possibilità di sviluppare un disturbo alimentare, tanto che tale rischio è stato aggiunto tra quelli da affrontare e gestire in ambito sportivo. Gli atleti che sviluppano un disturbo del comportamento alimentare tendono ad avere carriere più brevi caratterizzate da incostanza e ricorrenti infortuni.
Chi è a maggior rischio?
Gli sport possono essere suddivisi in categorie in base a vari criteri. Tortsveit e Sundgot-Borgen (2005) hanno proposto una distinzione tra sport “leanness” e “non leanness”, sulla base dell’essenzialità o meno del requisito della magrezza ai fini del successo sportivo. All’interno di questa seconda categoria (leanness sport) si può effettuare un’ulteriore suddivisione in base alle modalità con cui vengono assegnati punteggi e posizioni in classifica. Ciò può infatti avvenire con una mera rilevazione strumentale ed oggettiva della prestazione (tempo cronometrato, metri, distanza percorsa ecc..) o tramite la valutazione inevitabilmente soggettiva di una giuria. Gli sport “leanness” possono quindi essere suddivisi a loro volta in “judged” e “non judged”.