Per poter instaurare relazioni affettive e interpersonali durature è necessario fare il possibile ed impegnarsi reciprocamente per mantenerle nel corso del tempo.
Tuttavia, alcune volte, questo “impegno” non deriva da una spinta interna, ma sembra “viziato” dalle richieste altrui. Cosa significa?
Spesso nei rapporti (da quelli genitore-figlio, a quelli amicali, a quelli tra partner) una delle due persone può ricorrere (più o meno consapevolmente e indirettamente) a strategie che gli consentono di ottenere il risultato, ciò che desiderano (solitamente si tratta di ricerca di vicinanza, attenzioni, favori…).
Alcuni ricatti emotivi sono innocui, altri possono nuocere gravemente al rapporto e al benessere psicofisico della persona che ne è “vittima”.
Vediamo cosa si intende più nello specifico per “ricatto emotivo”.
Ve ne sono di diversi tipi:
- La punizione: in questo caso la persona fa capire che se non si appagherà la sua richiesta la relazione ne uscirà danneggiata. Ad esempio: “se stasera non vieni a trovarmi, non ti rivolgerò più la parola!”.
- L’autopunizione: in quest’altro caso, la persona non minaccia la relazione, ma fa capire che se non si esaudirà il suo desiderio ne soffrirà molto e sarà solo per colpa nostra. Ad esempio: “se stasera non vieni a trovarmi, sarò sola davanti alla tv, e mi deprimerò.”
- Il vittimismo: la persona in questo caso fa la parte della “vittima”, cioè di colei che ha sempre dato o fatto cose per gli altri e che non si vede tornare nulla indietro, cercando di suscitare sentimenti di colpa o compassione nell’altro. Ad esempio: “dopo tutto quello che ho fatto per te, dovrei meritarmi almeno una visita stasera”, o “ieri sera non hai risposto al telefono, non ho dormito tutta la notte, e oggi è stata una giornata bruttissima…”. (Rientrano in questa sfera, per il fatto di suscitare senso di colpa, anche coloro che ricordano che gli devi un favore, perché loro te ne hanno fatto uno tempo fa..).
Attraverso queste “tattiche” si cerca di far presa sull’altro agendo sulla paura: paura di perdere la relazione, paura di essere respinti, paura di non farcela senza la presenza dell’altro. Alcune volte ci accorgiamo di essere imprigionati in questi ricatti ma non sappiamo come uscirne, altre volte non ne siamo nemmeno consapevoli.
Questo perché i ricatti fanno leva sui nostri “punti deboli”, sui nostri timori più profondi, che spesso risultano da esperienze precoci e passate, che hanno instaurato in noi una certa modalità di relazionarci, e di vedere noi stessi.
Chi finisce per cadere più spesso nella trappola dei ricatti emotivi sono persone con poca stima di sé, con scarsa autonomia, e persone che sono sensibili al giudizio e approvazione degli altri.
Per collegare questo comportamento alla Schema Therapy, si nota che le persone che ricadono maggiormente vittima dei ricatti emotivi sono soggetti che hanno sviluppato uno o più schemi tra:
- Bisogno di approvazione, che spinge a fare quello che vogliono gli altri (anche se diverso da quello che si vorrebbe fare) per poter essere apprezzati e stimati.
- Autosacrificio e sottomissione, per cui si è portati anche a ledere il benessere personale pur di non veder soffrire un'altra persona, o di andare incontro a conflitti e scontri,
- Abbandono, per cui si rinuncia al proprio benessere pur di non essere lasciati soli, pur di non perdere la relazione.
C’è da dire, che molto spesso, i ricattatori emotivi sono spinti ad agire queste “minacce” guidati dai loro stessi schemi e timori di abbandono e solitudine, più che da effettiva malignità.
Tant’è che è importante fare attenzione ad una cosa: il ricatto emotivo può attuarsi inconsapevolmente in reazione ad alcuni episodi che scatenano rabbia, tristezza o paura. Potresti ritrovarti, senza rendertene conto, ad agire questo tipo di “manipolazione” sull’altro. Se la cosa ti viene fatta notare, prova a riflettere sul tuo comportamento. Tutti sbagliamo, ma prenderne atto è il primo passo per non ricadere nell’errore e dare il nostro contributo alla relazione.
Cosa fare quindi per uscirne?
Attraverso la Schema Therapy, o un altro approccio di terapia cognitivo comportamentale, sarà possibile apprendere modalità più equilibrate e benefiche di gestire le relazioni. Mettere dei limiti, rafforzare l’autostima, riconoscere ed esprimere i propri bisogni, incrementare l’assertività.
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