Ti senti in colpa se metti i tuoi bisogni al primo posto? Sei quello che finisce per prendersi cura delle persone che gli stanno vicino? Sopporti qualsiasi cosa di una persona, se ci tieni ad essa? Sei così occupato a fare le cose per gli altri, che ti rimane poco tempo per te?...
Se hai risposto più si che no a queste domande, potresti essere “vittima” dell’Autosacrificio.
Cos’è l’autosacrificio? E’ la tendenza a manifestare un’eccessiva attenzione ai bisogni altrui a discapito dei propri. Ci si sente volontariamente mossi dal desiderio di evitare sofferenza alle altre persone, di attuare un comportamento che si ritiene giusto e moralmente corretto, di evitare di apparire egoisti o di sentirsi colpevoli. Darsi agli altri può anche rappresentare un modo per assicurarsi e mantenere vivo il legame con loro.
Le persone che presentano questo “schema” (ricordate cosa sono gli schemi? Ne parlavo qui: Uscire dagli "schemi": la Schema Therapy.) solitamente sono persone sensibili ed empatiche, che sentono profondamente il dolore altrui e che si sentono eccessivamente responsabili nei confronti del loro benessere.
Attuano dei comportamenti piuttosto tipici: nelle conversazioni, tendono ad ascoltare piuttosto che parlare di sé, si concentrano sugli altri e si sentono in imbarazzo quando l’attenzione ricade su di loro, per ottenere qualcosa tendono ad essere indirette piuttosto che ad esprimere apertamente le loro richieste.
Le persone possono arrivare a sviluppare questa modalità a seguito di esperienze precoci o traumatiche in cui si sono ritrovati a prendersi cura di qualcuno (spesso un familiare debole, o malato o immaturo) e quindi abituate a stare nel ruolo di “bambino-genitore”.
Come detto poco fa, lo schema può originare anche da una predisposizione caratteriale all’altruismo o alla morale.
Inevitabile conseguenza del donarsi troppo è il non veder soddisfatti ed appagati i propri bisogni emotivi ed esistenziali. La persona può inizialmente sentirsi già appagata dal “fare del bene”, senza sentire il bisogno di ricevere qualcosa in cambio. Tuttavia, con l’andare del tempo, specialmente se insorgono situazioni penose o difficili per la persona stessa, essa sviluppa spesso una sorta di rabbia, o quantomeno risentimento, nei confronti degli altri che non si curano dei suoi desideri, della sua condizione e che non ricambiano le attenzioni. In altre parole, finisce per sentirsi trascurata.
Un'altra conseguenza molto comune, è lo sviluppo di una sintomatologia psicosomatica (per saperne di più sui disturbi psicosomatici, potete leggere: Mente e corpo: alla scoperta della Psicosomatica), ossia una somatizzazione: il corpo manifesta il disagio emotivo che non si riesce a tirar fuori. E ciò si può tradurre in sintomi quali: mal di testa, disturbi gastrointestinali, dolori cronici, affaticamento.
In presenza di questi disturbi fisici, la persona può sentirsi in diritto di ricevere cure, spesso finendo per ottenerle. Questo può mantenere la sintomatologia e gli acciacchi, in quanto si scopre “inconsciamente” che in quei momenti si può ottenere attenzione e si vedono appagati i propri bisogni di affetto, amore, protezione, ecc..
Le emozioni che caratterizzano maggiormente la presenza di questo schema sono il senso di colpa e la rabbia. Le persone si sentono in colpa ogni volta che mettono loro stessi prima degli altri, ogni volta che fanno valere i propri diritti, ogni volta che non riescono a trovare un modo per “curare” la sofferenza altrui. Si sentono colpevoli anche dopo che si sono arrabbiate (anche solo dento di sé) per non aver ricevuto niente in cambio nel momento del bisogno. Sono sempre in lotta costante per alleviare o non far emergere il proprio senso di colpa, continuando a donarsi sempre di più, nascondendo la rabbia.
Per uscire da questo circolo vizioso, solitamente è necessario un lavoro su diversi fronti:
- accettazione del senso di colpa,
- riduzione del senso di responsabilità,
- capacità di manifestare i propri bisogni emotivi,
- corretta manifestazione della rabbia (che spesso viene vista come emozione inconfessabile e sbagliata).
Ovviamente, la tendenza al sacrificio e all’altruismo è una caratteristica positiva dell’essere umano e diventa patologica solo quando assume dimensioni eccessive, ossia quando non si è in grado di ottenere la soddisfazione anche dei propri bisogni e ci si annulla totalmente in favore degli altri.
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