Uno degli obiettivi più comuni tra gli esseri umani è quello di ottenere la stima e la valutazione positiva da parte degli altri, nonché sentirsi fieri di sé e giudicarsi in maniera favorevole. Quando questi obiettivi vengono disattesi o minacciati, possono innescarsi alcuni sentimenti negativi, come la vergogna.
La vergogna è infatti un’emozione spiacevole che accompagna il timore o il dispiacere di compromettere la nostra immagine e/o autoimmagine.
Il dispiacere si associa ad una frustrazione già avvenuta, e serve solo a renderci consapevoli di ciò che è successo ed eventualmente cercare soluzioni alternative per le volte successive. Il timore invece costituisce un segnale d’allarme per “salvare la faccia”, che informando del rischio di fallimento, può condurci ad un’interruzione dell’azione che stavamo compiendo. E’ qui che si può formare il tratto della timidezza. Timido è colui che teme e tende ad evitare l’interazione con gli altri per evitare situazioni di valutazione e quindi di vergogna.
L’evidenza di questa associazione si trova nella tipica manifestazione del rossore, caratteristico sia della timidezza che della vergogna. Il rossore svolge una funzione di tipo comunicativo (anche se contro le nostre intenzioni!). Esprimiamo all’esterno che siamo sensibili alla valutazione altrui, che condividiamo i loro criteri di valutazione, che riteniamo possibile un giudizio negativo e che siamo dispiaciuti per le nostre mancanze ed inadeguatezze. Inoltre la vergogna si esprime abbassando la testa e lo sguardo, come se si sentisse il bisogno di nascondersi, di sottrarsi al giudizio altrui.
Ma su cosa vogliamo essere valutati positivamente? In linea di massima le persone ricercano valutazioni generali e stabili relative al possesso di alcune caratteristiche o all’appartenenza a categorie di soggetti dotate di tali tratti. Per esempio preferiamo essere giudicati intelligenti “in generale” piuttosto che “bravi solutori di cruciverba”.
Di cosa ci si vergogna? Di qualsiasi cosa, evento, azione, che consenta (anche tramite una lunga serie di collegamenti ed inferenze) agli altri e a noi stessi di giungere a valutazioni negative su di sé.
Un elemento fondamentale, la cui assenza pregiudica il manifestarsi della vergogna, è la condivisione dei criteri di valutazione. Poniamo l’esempio che per essere considerati intelligenti si debba conoscere bene la geografia. Se io condivido questo criterio, e presumo che anche altri lo condividano, allora mi vergognerò nel caso in cui non saprò rispondere ad una domanda di geografia (sia verso me stesso che verso gli altri). Se invece non ritengo valido questo criterio e non penso che gli altri giudichino le persone intelligenti per questo, non proverò alcuna vergogna nel ignorare la risposta. Nel caso in cui io non condivida questo concetto, ma so che altri la pensano in questo modo, mi potrei vergognare di fronte agli altri, ma non verso me stesso.
Ma ci sono altri casi particolari in cui la vergogna non viene sperimentata. Ciò avviene se manca l’obiettivo primario di dover stimolare valutazioni positive. I bambini molto piccoli non sembrano avere questo scopo. Così come potremmo non averlo in determinate condizioni: quando non ricerchiamo la stima di qualcuno perché costui non è per noi importante, degno di altrettanta stima o ci è semplicemente indifferente. La vergogna viene scarsamente provata tra partner o familiari, dove la stima e il sentimento d’affetto vanno oltre il possesso di determinati requisiti o il dover dimostrare continuamente una specifica dote o caratteristica.
Per contro, ci sono casi in cui ci viene “imposto” di mostrare e provare vergogna, nelle situazioni in cui si è commessa una violazione di un valore (ci viene così detto: “Vergognati!”, “Ma non ti vergogni?”).
La vergogna può scatenare a sua volta ulteriori emozioni. Da un lato può associarsi a sentimenti di rivalsa, di rabbia verso coloro che hanno espresso giudizio negativo e/o rabbia verso se stessi per aver suscitato impressioni sfavorevoli (rabbia che può ulteriormente alimentare la vergogna per aver perso l’autocontrollo ed essersi infervorati). Dall’altro può sfociare in sentimenti depressivi, derivanti dall’aver disatteso le aspettative altrui, dal giudicarsi inadeguati e dal subire eventuali traumi a causa dell’umiliazione.
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