Con il termine criticismo si intende un atteggiamento di rimprovero ripetitivo e pervasivo, in cui chi rimprovera mostra il proprio disappunto o disapprovazione a qualcuno, in modo che questi possa correggere il suo errore o ravvedersi. Il rimprovero presuppone una valutazione negativa di un comportamento o atteggiamento, che viene ritenuto sbagliato e non dovrebbe esistere (non dovrebbe presentarsi, manifestarsi). La critica o rimprovero sembra quindi ad essere guidata dal rispetto di una “norma” che può essere vista come prestabilita e “universale” e non come una preferenza personale.
Le persone possono rimproverare per vari motivi, guidate da scopi diversi. In particolare si nota che il rimprovero viene agito con l’obiettivo di cambiare il comportamento ritenuto scorretto e ottenere un “risarcimento” del danno subito. Ma può essere anche un modo per sfogare la propria rabbia o per porsi in una situazione di superiorità (di “giudice morale”) mettendo l’altro in situazione di inferiorità o “debito”.
Chi rimprovera può essere guidato da varie emozioni:
- in primis si trova la rabbia, poiché il rimproveratore sente di aver subito un danno o un torto;
- tuttavia spesso si nota che prima dell’espressione rabbiosa la persona sperimenta ansia o tristezza.
Il primo caso può essere rappresentato dall’esempio di un padre che di fronte ad atteggiamenti irruenti del figlio (come il prendere a calci i giocattoli), sperimenta la sensazione di non essere in grado di gestire le possibili conseguenze di tali comportamento (“Come farò a fermarlo? Cosa diranno i vicini di questo fracasso? Che non so educare mio figlio!) e a cui reagisce manifestando rabbia e grida. Il secondo caso può essere rappresentato da una mamma che di fronte ad una nota scolastica del figlio potrebbe pensare “sono una fallita, non sono riuscita a trasmettere a mio figlio il valore dello studio e della scuola” e di li scoppiare in un’esternazione di rabbia.
Vi è poi il caso in cui la persona criticante sperimenta disprezzo e indignazione, quando ritiene che sia stata violata una norma morale ed etica, e ci sia stato un tradimento della fiducia.
Le persone fortemente criticanti sembrano non prendere in considerazione i bisogni e i desideri altrui e punti di vista alternativi al proprio: “esiste un'unica regola/norma, la mia, e solo questa è quella giusta, che va rispettata e osservata!”. In questo modo il fatto stesso che l’altro abbia un’opinione differente può essere fonte di rabbia e aspro giudizio negativo. Alcune volte inoltre il “rimproveratore” sembra avere l’idea che gli altri dovrebbero conoscere i suoi desideri e le sue regole, senza che esse siano state espressamente comunicate. Alcune persone iper-critiche possono aver sviluppato questa modalità per innalzare i loro livelli di autostima, mettendosi in posizione di superiorità, ottenendo così rispetto e obbedienza.
Il rimprovero ovviamente è da considerare dannoso quando viene espresso in maniera ripetitiva e pervasiva. Esso viene spesso utilizzato come mezzo educativo, con i bambini, per far conoscere loro regole e norme sociali (“non si dicono le brutte parole!”, “non si tirano i pugni agli altri bambini!” ecc…) e alle volte anche per trasmettere dei propri valori (come può essere il rimprovero per un brutto voto, da parte di un genitore che vorrebbe trasmettere al figlio il valore dell’istruzione).
Tuttavia, è importante ricordare che la moralità e il rispetto delle regole non dovrebbero passare per una mera acquisizione di “sapere” (so cosa possa fare e cosa no), quanto piuttosto per uno sviluppo emotivo ed empatico, che consenta autonomamente al bambino (e all’adulto poi) di scegliere cosa ritiene giusto e sbagliato, sulla base delle proprie emozioni e desideri, nel rispetto di sé, ma tenendo in considerazione anche i bisogni degli altri e ragionando sulle possibili conseguenze delle proprie azioni.
Una critica eccessiva e pervasiva può infatti rivelarsi nociva per il “rimproverato”.
- Egli potrebbe sviluppare la tendenza al senso di colpa: giudicando se stesso cattivo e dannoso per se e gli altri. Potrebbe provare tristezza, se il rimprovero viene vissuto come segnale di incompetenza e incapacità: egli potrebbe giudicarsi inetto, sia sul piano pratico-intellettivo che su quello emotivo (debole, fragile, troppo sensibile).
- L’eccesso di critica può portare al “disorientamento personale” cioè al non sapere quali siano in effetti le proprie preferenze, opinioni, capacità. O qualora lo si sappia, si potrebbe giungere al considerarle non idonee, insufficienti, sbagliate. Da qui deriverebbe una mancanza di fiducia in sé stessi, e una continua messa in discussione delle proprie scelte. Tipico atteggiamento e preoccupazione che si ritrova ad esempio in soggetti con disturbo ossessivo compulsivo è l’idea del “sarà la cosa giusta? Avrò sbagliato?”
- Alcuni potrebbero invece sviluppare una “dipendenza dal contesto interpersonale”, cioè una tendenza ad adeguarsi sempre alle idee altrui, una continua ricerca dell’approvazione esterna (elemento spesso presente nelle persone che riportano disturbi alimentari).
- Infine, il soggetto criticato potrebbe sviluppare forti sentimenti di rabbia verso il “rimproveratore”, reagendo in maniera oppositiva, aggressiva e ribelle, e fomentando ancor più la critica dall’altra parte, con conseguente ciclicità del malessere di entrambe le parti.
Riferimenti:
Il criticismo, base del perfezionismo e dei costrutti morali.
Apparigliato, Sassaroli, In Psicoterapia cognitiva dell’ansia. 2006.