La vulnerabilità emotiva caratterizza diverse problematiche psicologiche, sia come fattore di sviluppo che di mantenimento dei disturbi.
Ma che cosa si intende con questo termine? La vulnerabilità emotiva appare caratterizzata da tre aspetti:
- alta sensibilità agli stimoli,
- notevole intensità dell’emozione da essi provocata,
- lento ritorno allo stato di quiete.
Con “alta sensibilità” si intende una bassa soglia di risposta emotiva, in altre parole anche piccole stimolazioni (piccoli eventi) possono provocare una reazione emotiva.
Il reagire a stimoli, che la maggior parte delle persone ritiene quasi neutri, porta a vivere con disagio, sofferenza o frustrazione molte situazioni di vita. I soggetti emotivamente vulnerabili sperimentano le emozioni in maniera “intensa ed estrema”. Una volta attivata la reazione emotiva non si passa per lievi imbarazzi, modeste apprensioni o semplici irritazioni. Piuttosto le emozioni si manifestano in frequenti sensazioni di cupa angoscia, profonda umiliazione, rabbia furibonda, terrore paralizzante.
Le emozioni sono sempre caratterizzate da particolari stati cognitivi: quando le emozioni sono particolarmente intense anche i processi di pensiero diventano rigidi ed estremi. La persona è portata a restringere l’attenzione sugli elementi della situazione che richiamano quella determinata emozione (se si è arrabbiati si notano solo le cose che irritano, se si è spaventati solo le minacce, se si è tristi solo la perdita subita, ecc…) che possono portare la persona a percepire se stessa, gli altri e il mondo in maniera particolarmente distorta e negativa, mettendo a rischio di atti impulsivi, a volte anche autolesionistici e suicidari.
Con “lento ritorno allo stato di quiete” si intende la prolungata esperienza delle emozioni, che per loro qualità dovrebbero altrimenti essere piuttosto rapide. Tuttavia i processi cognitivi in atto, dovuti all’intensità dell’emozione, producono stati emotivi che possono perdurare per più tempo, mantenendo nel soggetto l’accresciuta vulnerabilità ad ulteriori stimoli emotivi.
Perché le persone diventano emotivamente vulnerabili?
Come al solito le cause possono essere di varia origine e spesso si presentano in concomitanza nella vita di un soggetto. In particolare si nota un’interconnessione tra variabili di tipo biologico (da generiche predisposizioni genetiche a complicanze nella vita intrauterina, a fattori che interferiscono con il normale sviluppo del sistema nervoso centrale nell’infanzia) e cosiddetti “ambienti invalidanti”.
Con ambiente invalidante si intende un’ambiente (spesso quello familiare) nel quale la comunicazione delle proprie esperienze interne (comprese le emozioni) non viene “ascolta”, validata, riconosciuta, ma piuttosto punita o banalizzata.
L’ambiente invalidante riconduce l’espressione delle emozioni a caratteristiche socialmente inaccettabili o sbagliate della persona (come una “paranoia”, una tendenza a distorcere gli eventi, un atteggiamento poco positivo e lamentoso nei confronti della vita), i fallimenti o deviazioni dagli standard previsti vengono attribuiti alla scarsa motivazione o alla poca volontà del soggetto. Alcune volte anche l’espressione di emozioni positive viene frustrata, mettendo in risalto l’immaturità, l’iperidealizzazione e l’inesperienza dell’individuo.
Crescendo in questo tipo di ambiente la persona non solo non impara a conoscere ed esprimere adeguatamente le proprie emozioni, ma non apprende nemmeno a fidarsi delle proprie impressioni, del proprio giudizio, dei propri obiettivi. Sono sempre stati gli altri a dirgli qual era il “giusto” modo di vedere il mondo e fare le cose.
Le persone emotivamente vulnerabili necessitano di sviluppare una maggior capacità di modulare le proprie emozioni, attraverso appositi percorsi di psicoterapia.
In particolare dovrebbero essere aiutate, da un lato a conoscere e riconoscere le proprie emozioni in tutte le loro componenti fisiologiche, cognitive e comportamentali, e dall’altro apprendere modalità più idonee di esperirle, evitando risposte impulsive disfunzionali.
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