Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) è una sindrome caratterizzata da persistenti difficoltà di attenzione, controllo dell'impulsività e iperattività. È considerato un disturbo del neurosviluppo, ovvero una condizione con esordio durante l’età infantile, che può compromettere il funzionamento nell’area personale, sociale, scolastica e/o lavorativa. Tuttavia, un numero via via crescente di adulti comincia a essere diagnosticato come ADHD proprio perché ha conosciuto questo disturbo e ritenuto di poterne essere affetto (non di rado, dopo aver sostenuto il percorso diagnostico per un figlio). Non sorprende infatti che una condizione che ha ricevuto forte interesse nell’ultimo ventennio potesse passare inosservata in precedenza. Attualmente, si stima che ne sia affetto all’incirca il 3-7% della popolazione italiana.
L’ADHD è spesso accompagnato da condizioni psichiatriche co-occorrenti, come ansia e depressione. Tuttavia, alcuni individui sembrano manifestare con una certa frequenza anche alcune tipologie di disturbo alimentare, come il binge eating e la bulimia nervosa.
Sia l’ADHD che i disturbi alimentari tendono a emergere precocemente nel corso di vita e a persistere e cronicizzarsi nell’età adulta, comportando significative compromissioni nel funzionamento quotidiano dell’individuo e un costo per salute pubblica.
È importante sottolineare che l’ADHD non è una patologia “Si-No” (“o ce l’hai o non ce l’hai”), quanto piuttosto un continuum che varia da lievi forme di disattenzione e/o irrequietezza (presenti in molte persone non-adhd) fino alla soglia ritenuta indice di sindrome conclamata. Alla luce di ciò, risulta sempre più importante cogliere la presenza e l’influenza di sintomi ADHD su altre condizioni psicologiche, per poter comprendere il mantenersi di alcune problematiche e predisporre terapie psicoterapeutiche e farmacologiche idonee e personalizzate.
Tornando per un attimo alla ricerca, gli studi condotti finora indicano che la prevalenza dei disturbi alimentari (in special modo, binge eating e bulimia) nei campioni di soggetti con ADHD arriva fino al 12%; mentre la presenza di sintomi di ADHD in pazienti con disturbi alimentari varia dal 5 al 17%. Studi epidemiologici e clinici hanno rilevato che adulti e bambini con ADHD hanno un rischio significativamente maggiore di presentare obesità. E, per contro, chi è in sovrappeso/obeso ha una maggiore probabilità di presentare l'ADHD. Negli adulti obesi in cerca di trattamento, uno studio ha rilevato che il 25% rispondeva ai criteri per l'ADHD.
Diversi meccanismi potrebbero essere alla base della co-occorrenza di ADHD e binge eating/bulimia:
1) l’ADHD potrebbe accentuare il comportamento di abbuffata attraverso le sue componenti di impulsività-scarso controllo inibitorio e disattenzione.
La forte avversione per il ritardo può favorire la tendenza a mangiare rapidamente cibi a elevato contenuto calorico già pronti, rispetto a cibi cucinati in casa che richiedono una lenta preparazione. La disattenzione può portare la persona a prestare poca attenzione ai segnali di fame quando coinvolta in attività interessanti e, per contro, cercare cibo una volta che si trova poco stimolata (a quel punto potrebbe sentirsi anche molto affamata). L’alimentazione compulsiva potrebbe essere quindi un meccanismo di compensazione che aiuta le persone a controllare/regolare la frustrazione legata alle difficoltà di attenzione e organizzazione.
2) ADHD e alimentazione incontrollata sono espressione di una comune disfunzione a livello neurobiologico.
Un'altra possibilità è che l'ADHD e le abbuffate siano l'espressione di meccanismi neurobiologici comuni in un sottogruppo di pazienti che presentano entrambi i disturbi. I meccanismi coinvolti nella cosiddetta "sindrome da deficit di ricompensa" possono svolgere un ruolo significativo nel contribuire a spiegare la comorbilità tra ADHD e abbuffate. La sindrome da deficit di ricompensa è caratterizzata da un'insufficiente ricompensa naturale legata alla dopamina che porta all'uso di ricompense immediate "innaturali", come l'uso di sostanze, il gioco d'azzardo, l'assunzione di rischi e, soprattutto, l'alimentazione inappropriata. Alterazioni del recettore della dopamina D2 sono state associate alla suddetta sindrome da deficit di ricompensa, e riscontrate in pazienti obesi con comportamenti alimentari anomali e in alcuni pazienti con ADHD.
3) l’alimentazione incontrollata contribuisce ai sintomi dell’ADHD.
È anche possibile che le abbuffate accentuino i sintomi dell'ADHD. Sembra infatti che individui con comportamenti alimentari bulimici possono presentare interruzioni ripetute e impulsive delle loro attività per procurarsi il cibo, con conseguenti sintomi ADHD come disorganizzazione, disattenzione e irrequietezza. Pertanto, è possibile che questo tipo di impulsività comportamentale contribuisca o si manifesti come impulsività dell'ADHD.
4) l’associazione tra le due condizioni può essere mediata da fattori psicopatologici comuni.
Infine, non si può escludere che l'associazione tra ADHD e abbuffate possa essere mediata da fattori psicopatologici comuni. Una possibilità riguarda il ruolo della depressione maggiore. È stata infatti rilevata un’associazione tra depressione maggiore, ADHD e binge eating; così come tra ansia, ADHD e binge eating.
Infine, non si può escludere che tutte e quattro le ipotesi sopra citate siano vere e possano coesistere, almeno in alcuni soggetti.
Porre attenzione alla sovrapposizione e presenza congiunta di queste problematiche può condurre alla predisposizione di piani di trattamento più efficaci, che possono quindi prevedere elementi di psicoeducazione, psicoterapia cognitiva e strategie comportamentali — nonché il supporto della farmacoterapia (in équipe con medici-psichiatri) nei casi più gravi e conclamati.
Bibliografia: Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder (ADHD) and Binge Eating (Samuele Cortese, MD, Bernardo Dalla Bernardina, MD, and Marie-Christine Mouren, MD)
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