Per definizione l’attacco di panico consiste in un periodo preciso di intesa paura o disagio, durante il quale si sviluppano svariati sintomi tra cui palpitazioni, tachicardia, sudorazione, tremore, formicolii, sensazione di mancanza d’aria o soffocamento, dolori al petto, nausee, sensazioni di instabilità o di svenimento, distacco dalla realtà, paura di morire, impazzire o perdere il controllo.
Capiamo quindi che ansia e panico presentano delle differenze. Possiamo essere spesso in ansia per qualcosa, ma raramente sentiamo di perdere totalmente in controllo di mente e corpo. Potremo dire che il panico è una manifestazione estrema d’ansia? Si, in parte si. Tuttavia le motivazioni che portano all’insorgenza di una e dell’altro sono differenti.
L’ansia è una condizione anticipatoria, di una minaccia potenziale che potrebbe in qualche modo compromettere un nostro obiettivo (ad esempio anche astratto, come il fare bella figura). Più la minaccia si avvicina più l’ansia aumenta. Tuttavia per scatenare il panico è necessario che si inneschi un altro meccanismo.
Il circolo del panico proposto da Clark ce ne dà un chiara esemplificazione:
Al presentarsi o ipotizzarsi di una minaccia si attiva la sensazione d’ansia, questa comporta dei sintomi a livello fisico (come l’aumento del battito cardiaco o della sudorazione) e cognitivo (pensieri negativi su quello che sta succedendo o potrebbe succedere, e attenzione selettiva sui segnali di pericolo). La persona a quel punto inizia a far caso alle alterazioni fisiologiche che stanno avvenendo nel suo corpo e se ne allarma (“che cosa mi sta succedendo?”). La focalizzazione su questi aspetti e i tentativi (spesso errati) di ripristinare l’equilibrio fisiologico non fanno altro che aumentare l’intensità di tali sintomi. Ciò verrà preso come una conferma dalla persona, che sta succedendo qualcosa di brutto. E si presenterà l’attacco di panico. Che quindi non è direttamente legato alla situazione iniziale temuta ma bensì alle sensazioni corporee che vengono interpretate come segnali di “pericolo di vita”.
Ma come mai ci si spaventa di fronte ai sintomi ansiosi emessi dal corpo? Questo accade perché molte persone non sanno bene cosa succede quando si sperimenta ansia, non riconoscono molti segnali ansiosi oppure non si rendono conto che la situazione o il pensiero passato inizialmente per la loro testa era un evento ritenuto minaccioso ed angosciante. Se non ci si rende conto di essere preoccupati per qualcosa, certamente non si capirà il perché si hanno determinati sintomi, e si finirà per attribuirli a “malattie” o disturbi fisici.
Inoltre alcune persone hanno un maggior timore di farsi vedere dagli altri in preda all’ansia o ad altri sintomi fisici, per cui quando questi insorgono in situazioni sociali, all’aperto, in mezzo alla gente, la persona non solo si preoccuperà per ciò che sta succedendo al suo corpo ma anche al fatto che si sta sentendo male di fronte agli altri.
Come si curano gli attacchi di panico?
Finchè la persona non viene istruita ai segnali d’ansia, alla loro innocua presenza, a riconoscere consapevolmente le situazioni che attivano le personali preoccupazioni e al perché queste vengono ritenute ansiogene, la paura dei sintomi e dell’insorgenza del panico si manterrà. Inoltre le persone cercano di evitare l’insorgenza di tali sintomi evitando luoghi o pensieri che possono in qualche modo preoccupare e quindi provocare l’attivazione fisiologica, o mettono in atto comportamenti protettivi (come il farsi accompagnare da qualcuno, o assicurarsi di avere sempre in borsa i farmaci ansiolitici). Questi atteggiamenti non espongono la persona all’ansia, che diventa sempre più un “mostro sconosciuto”.
Soltanto l’esposizione ai sintomi potrà disconfermare le idee di pericolo che si sono associate al panico. La persona potrà “toccare con mano” la naturale, seppur spiacevole, sensazione d’angoscia, e apprenderà a “gestirla”, a darle meno penso, a considerarla come un qualsiasi altro evento transitorio.
Ovviamente occorre anche approfondire le situazioni e i temi che fanno insorgere ansia, per poter risolvere la situazione “a monte”, modificando la percezione degli eventi temuti; ed è questo che viene affrontato in un percorso di psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Letture consigliate: Attacchi Di Panico. Come Uscirne: La Potenza Della Terapia Cognitivo Comportamentale