La forza dell’abitudine: buone e cattive abitudini.

 

buone abitudini Ti consideri un abitudinario? O preferisci le novità e l’avventura? Ti piace restare nella tua zona di comfort o ami sperimentare e mettere alla prova te stesso e le tue capacità?

Che tu propenda per un versante o per l’altro, sappi che (come al solito!) la serenità si trova al centro. 

Si potrebbe dire che l’essere umano ‘tende’ alle abitudini e allo stesso tempo ‘ha bisogno’ di abitudini. 

Si pensi ai bisogni fisiologici dell’essere umano. Abbiamo bisogno di mangiare ogni 3 o 4 ore, di dormire 6/8 ore per notte, di mantenere una temperatura corporea pressoché costante. Questi ritmi cadenzati e quotidiani rappresentano le abitudini basilari dell’uomo e le trasgressioni a tali cicli hanno conseguenze più o meno nocive sulla salute (dall’irritabilità, all’oscillazione del peso a yo-yo, dalla stanchezza cronica a disturbi intestinali e così via).

Potremmo dire che al nostro corpo piacciano le routine, che il nostro organismo apprezzi le abitudini. Le abitudini rappresentano dei circoli virtuosi e benefici per il nostro corpo, che grazie al rispetto di tali ritmi si mantiene sano, attivo e performante.

 

Eppure, una frittura di pesce ogni due settimane, un’escursione ad alta quota, un allenamento un po' più intensivo del solito, aiutano il corpo a ‘non addormentarsi’, a temprarsi, a migliorare le sue funzioni e potenziare le capacità.

Potremmo quindi concludere che il nostro organismo abbia bisogno di abitudini, ma che occorre talvolta spezzarle per saltare un gradino più in alto nel livello di benessere, o che semplicemente gli sgarri (che restino ovviamente tali e non si trasformino in cattive abitudini!) aiutano anch’essi la regolazione psicofisica.

Ma torniamo un attimo alle routine. Spostiamoci su altri tipi di abitudini. Si pensi ai neonati che scelgono il loro giochino preferito tra tanti e non si stancano mai di quello, ai bambini che vogliono che gli sia letta ogni notte la stessa favola, ai ragazzi che scelgono e riscelgono di uscire sempre con la stessa compagnia di amici (o con la stessa amica/o del cuore). 

Eppure, scoprire nuovi giochi e fare nuove conoscenze e amicizie dona spesso senso di gioia e arricchimento personale. 

In questo caso, come ci spieghiamo questo tipo di abitudini? Fanno bene o fanno male?

L’abitudine è necessaria all’essere umano: abituarsi significa trovarsi a proprio agio e in totale serenità con la persona che si ha a fianco, con l’attività che si sta svolgendo o con la situazione che si sta vivendo. Significa potersi fidare di sè, dell'altro e delle proprie capacità. Abitudine diventa sinonimo di tranquillità. Quando si è abituati a fare qualcosa o a stare con qualcuno, si entra in uno stato di pace e di sicurezza tale per cui ci si può lasciare andare, si possono lasciar cadere le barriere e i muri, le corazze difensive, le strategie di conquista. Nell’abitudine si può semplicemente godere l’esperienza. 

Per contro, le novità e le nuove sfide portano adrenalina, ansie, stupore, meraviglia, eccitazione. Emozioni talvolta positive, talaltra negative, che comportano in ogni caso un’attivazione (se non iper-attivazione) psicofisica. E l’essere umano non può vivere sempre ‘a tutto gas’, non può vivere sempre con il fiato sospeso, con l’incertezza dell’esito, con il timore di perdita. 

Si arriva quindi, sostanzialmente, allo stesso punto sopracitato: le abitudini sono necessarie per sentirsi rassicurati, protetti, al sicuro. Tuttavia, dobbiamo preservare e coltivare anche la spinta a conoscere il nuovo, ad andare oltre i limiti, a migliorare noi stessi.

 

Quand’è che l’abitudine è veramente nociva?

L’abitudine assume un’accezione negativa quando finiamo per dare per scontate le piccole routine che ci donano benessere, quando non coltiviamo attivamente i rapporti e le nostre attività (come se pensassimo che una volta messe in piedi e assicurate, quelle restino così, immutate, per sempre, senza bisogno di sforzi ulteriori). 

Sono cattive abitudini anche il perseverare nell'accettare situazioni di vita e rapporti non salutari e insoddisfacenti (Quante persone restano assieme per abitudine? Quante persone mantengono un posto di lavoro sottopagato e/o irrispettoso?). Proprio per via della rassicurazione che possiamo trarre dal noto, rispetto all'angoscia che può creare l'ignoto, si finisce per perdurare in rapporti insoddisfacenti piuttosto che affrontare la paura di restare soli. 

L’abitudine è poi ovviamente cattiva quando si tratta di cicli viziosi, come l’abitudine di fumare, di bere alcolici, di non fare attività fisica, di stare troppo tempo in luoghi chiusi e così via.

 

Come coltivare le buone abitudini?

‘Ricordandosi di innaffiare ogni giorno il nostro piccolo giardino’, direi per usare una metafora. 

Tutto ciò che migliora noi stessi e i rapporti con gli altri va coltivato, in maniera quotidiana, abituale, routinaria, sebbene si tratti di aspetti ben consolidati e stabili. Non smettere mai di prestare attenzione ai piccoli riti familiari e amicali, non lasciar scorrere. 

E prendi come buona abitudine, anche quella di fare ogni giorno (o quasi) una cosa speciale, che va oltre la solita routine e ti doni un arricchimento personale, interiore ed emotivo. 

In altre parole, cercare attivamente di mantenere buoni livelli di serenità, alternati a sprizzi di gioia.

 

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Dott.ssa Chiara Francesconi

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Dott.ssa Chiara Francesconi - Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

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